Chi naviga viaggia, chi viaggia passa, chi passa parla, chi parla cerca, chi cerca trova, chi trova scrive, chi scrive trova un corpo.
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Forme in città
Palazzi, strade, persone, auto, chiome d’albero, navi e ponti di comando. In una città a sorprenderti non sbagli mai.
la natura e le cose
Tutte le posizioni sono ricontrattabili nel tempo e nel senso, ma lo spazio è quello lì.
Terra Bruciata
Oggi 28 ottobre al nostro Studio in via ghibellina 96/b liberiamo i tavoli, pannelliamo le librerie e Apriamo a tutti per una mostra di fotografie che è un progetto, un incontro visivo e corporeo, un impegno.
La premessa: “durante il primo pomeriggio dello scorso 9 luglio un violento incendio è scoppiato lungo le pendici del monte San Jachiddu. Le fiamme sono divampate tutta la notte riducendo in cenere buona parte del versante nord del parco ecologico dell’omonimo Forte. Decine di ettari di bosco e macchia mediterranea sono , bruciati, come le piccole strutture ricreative del Parco, mentre le creature selvatiche sono morte o sono state allontanate dalle fiamme. A pochi giorni di distanza il fotografo Gerri Gambino e la filosofa Giusi Venuti hanno percorso quei sentieri (…)”
La poesia che prese il posto di una montagna.
(Wallace Stevens, “The Poem that Took the Place of a Mountain” The Collected Poems. 1954 )
Ecco, parola per parola,
La poesia che prese il posto di una montagna.
Egli ne inspirava l’ossigeno
Persino quando il libro era rivoltato sulla polvere del suo tavolo.
Gli ricordava di come aveva sentito il bisogno
Di un posto dove seguire una sua direzione,
Di come aveva riordinato i pini,
Spostato le pietre, e di com’era avanzato guardingo fra le nuvole,
Alla ricerca di un panorama appropriato,
Dove sentirsi perfetto in una compiutezza inspiegata:
La roccia ideale dove la sua inesattezza
Gli avrebbe infine dischiuso la vista verso la quale erano protesi,
Dove lui avrebbe potuto coricarsi e, guardando il mare in basso,
Avrebbe saputo riconoscere la sua casa, incomparabile e solitaria.
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La fuga dei continenti
a fondamento
A ogni passaggio veloce in macchina guardavo e pensavo cosa generasse quella materia, le pietre ordinate e la roccia spaccata si sovrapponevano. Si confondevano il tempo e il risultato.
Il muro era il derivato della roccia o la roccia l’astrazione del discorso ordinato dalle pietre? Muro sottotitolo dell’energia della roccia o forse la roccia la tesi provata della verità di tutte quelle pietre tagliate e murate?
La trasformazione di una roccia richiede tanto rumore, botte da orbi, schegge , esplosioni, fratture, mazze, picconi, violenza e forza di braccia. La costruzione di un muro richiede: preparazione, fatica , esattezza, pulizia. Guardare la stessa materia in due stadi è come affidarsi a un dizionario enciclopedico, si trovano le ragioni della natura e quelle dell’artificio: tutto ha una spiegazione. Vedere la materia di corsa, con lo sguardo mosso dalla velocità, è una prova del pensiero, del vedere e del suo legame con l’idea. Una specie di misurata felicità.
Farsi un’idea del mondo attraverso una comparazione non è una presunzione ma una specie di riduzione ai minimi termini di tanti discorsi . Corro via dicendo che tutta la materia deriva da un ordine o forse anche da un altro ordine.