Sei pessimista? Basta una zeppa!

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Era un tavolo da scrittura e se serviva lo era anche per fare colazione. Di quel tavolo campagnolo mi piaceva l’inesattezza conquistata negli anni, quella sua incertezza di portamento nella stanza rigorosa sottolineata da cornici dipinte al soffitto e specchiate nel tappeto decorato delle marmette a pavimento. Il tavolo ormai è di un pittato bianco sbriciolato, rugoso e solcato da tanti avvenimenti, ha sempre avuto una strana e provata imperfezione riassunta dalla sua singolare non planarità , da sempre poggiare il libro e i fogli è stato un azzardo alla gravità; l’angolo destro scivolava in basso e sembrava di non poter mettere il punto alle  frasi, scrivevi e ti veniva in mente una frase lunga, le vocali si allungavano e gli accenti puntavano in basso. Non serviva a fare lettere infinite ma di sicuro si facevano frasi scivolose, inclinate verso il basso; poi piano ci si abituava a una condizione inclinata ritrovata anche nell’acqua piegata rispetto al bordo del bicchiere instabile poggiato accanto al foglio, quante penne rotolate, matite e palline di carta, tutte giù verso il precipizio nell’angolo destro del foglio, era soltanto una gamba più corta, una gamba di legno rende claudicanti persino le parole. Sotto anche i cassetti conservano segreti e abbandoni inclinati. In quei cassetti ho trovato interi quaderni con scritture inclinate, disegni piegati verso terra, numeri fuori dai quadretti, operazioni in colonne instabili, poesie depresse precipitate in giù malgrado la metrica ritmata, conclusioni e commiati piangenti malgrado l’allegria delle intenzioni. Maestri, maestre, parenti e fidanzate parlarono spesso di una grafia incerta di sicuro andamento pessimista, cercarono di correggere quell’andamento inclinato invitando il ragazzo all’ottimismo, non era una questione difficile, – sapendolo- bastava mettere una zeppa al tavolo e fermare la mano precipitosa che inclinava persino i desideri.