vivere le tipologie ( poi ti ci abitui)

20150506_094315

Spesso agli architetti si attribuiscono inutili stravaganze, e così mentre si parla di loro si ricordano episodi di vita vissuta, si favoleggiano esperienze in cui alcune soluzioni bislacche di questi strani soggetti, intermedi tra lo scienziato e l’artista, avrebbero presuntuosamente voluto cambiare luoghi, modi e tempi di vita delle persone.
Ognuno lì a raccontare di strane finestre grandi quanto la casa e a tutt’altezza e poi di altezze doppie in cui il vuoto era protagonista; poi di muri a mezz’aria o di materia traslucida , di pareti inclinate e letti impossibili , di docce a guscio e pavimenti inclinati in sostituzione dei tranquilli e secolari gradini; insomma tutti a indicare con l’indice teso le cattive intuizioni di quel pazzoide modernista in cui tutti per scelta o per necessità potrebbero incappare o da cui sono fuggiti dopo liti furibonde.

Questi discorsi si fanno nei momenti di buca o intorno ad un tavolo a cena o quando l’attesa in qualche luogo pubblico o in qualche ufficio rende la socialità, un obbligo e la comunanza del motivo d’attesa un’inaspettata intimità in cui parlare di famiglia, luoghi comuni, calli ai piedi, divorzi, tradimenti, rimedi per la dieta e disavventure con l’edilizia, con il bucato e con l’architetto.
I discorsi di questi conservatori delle abitudini e delle tradizioni spaziali avvengono ovunque; a casa, in salotto e nei bar o nelle sale d’attesa, poi si proiettano nel mondo ampio della meraviglia d’architettura accettabile solo qualche volta in un viaggio , in un hotel o da poco tempo in qualche parco tematico a pagamento, ma mai nella propria città o nella propria casa.
Ecco proprio qualche giorno fa ho sentito questi discorsi mentre davanti a me la fila delle persone si distribuiva su due direzioni. Mentre ascoltavo svogliatamente la solita infilata di perle di saggezza, ho guardato bene le persone che raccontavano inorridite della casa della loro amica, stupite dal bagno in posizione fetale e dal soggiorno proiettato sul letto. Guardo bene le persone e mi accorgo che in quel bel palazzo del 1914 stanno facendo una strana performance corporea. E’ un ex palazzo postale che oggi ospita le segreterie universitarie al piano terra un chiostro e un portico animato da finestre abbinate. Mentre le chiacchere vanno e si rimbalzano esperienze e si descrivono stranezze della modernità , loro stanno con i gomiti appoggiati ad un davanzale e sono protratte e affacciate verso l’interno, alla finestra c’è un omino e loro dopo un po’ pagano una tassa. Visti da dietro stanno dentro il decoro e la geometria consueta di una facciata classica, appoggiati ad una finestra al piano terra e affacciati verso l’interno disbrigano pratiche e pagano dei servizi. Sono strani gli architetti e sono strane le loro stravaganze ma se sei rilassato poi dopo circa un secolo ti ci abitui.