Catastazioni

imageCi sono stanze che contengono storie complicate, intrecci di fatti e persone, vita di vivi, passaggi di denaro, grida e lacrime, risa, sogni e cattiverie. Quando si entra in certi archivi si può trovare ammucchiata dentro i faldoni la vita degli altri, come carte numerate ma mischiate. Le cose appartenute e possedute prendono strane vie fuoriuscendo dai registri. Terreni e case guadagnano l’anarchia e ti chiedi come potresti ricatastare tutti quei potenziali sentimenti umani. Nomi e legami, matrimoni e vedovanze, passaggi ed eredità, figli,nuore,cognati,cugini,nonni,zie,padri e madri, servi e padroni, affaristi e disperati; mappe di terreni e di cuori, di paesi, montagne e di confini su cui si è giocata tutta la fortuna e tutta la memoria.  Luoghi con Geometria nominale , triangolata dai misuratori di terre e raccontata di padre in figlio, buttata sui patti di tante generazioni ed esposta nelle doti di matrimonio. Entrare in un archivio scombinato è come disordinare le certezze, dare fiato per pochi attimi a nuove arti combinatorie; un guazzabuglio di numeri nomi e mappe che evade da un grande inventario, tassonomie fiscali erose dai parassiti della carta e dalle incurie umane, mappe di mappe, posizioni di case e particelle scivolate dai fascicoli, un mondo cartaceo che si decompone e si libera mentre resta fisso in occhi e racconti di famiglia. Le greggi intanto attraversano e si abbeverano precipitando nei calanchi, i boschi ombreggiano i limiti sempre chiari dei nemici, mentre il fuoco estivo ne frastaglia e brucia il corpo naturale. Catastare le terre e le case è un esercizio del fisco, mentre per  catastare le storie e i sentimenti delle cose umane occorre un infinito e appropriato approccio fisico. Scivolo via dall’archivio improbante mentre il vento sposta la tua casa sul terreno del re e il suo castello proprio accanto alla tua “gebbia”

Cancello

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La porta è già un elemento complice del muro, la finestra è la fuga dal silenzio buio della stanza, il gradino è il salto breve della terra. Un cancello invece che fa? Ferma i passi e sconfigge le corse dei bambini, ride dei tuoi sguardi gettati oltre la soglia, aspetta le parole e si fa stringere dalle mani chiuse. Ho seguito delle storie fino alle soglie di quei cancelli. Un pudore mi fa pensare che quello che c’è oltre vive perché è lontano. Ne ho fotografati tanti, qualche volta misurati e disegnati; insinuandomi in regole originarie fatte di pochi centimetri e in ossidi attraversanti e profondi. Questo è uno dismesso, raddoppiato e intrecciato nei suoi arabeschi . Lance e raggi di sole ribaltati e  duplicati appaiono come un intreccio di dita, il verde divora il vuoto delle aste e i rami fanno l’imbastitura di questo fermarsi . La mia posizione dinanzi la cancello è ambivalente sto dentro e guardo chi passa , sto fuori e seguo le storie. Le foglie brillano verdi sul ruvido colore della ruggine, il sole stimola l’esuberanza dell’erba di muro e anche della materia che si impiglia tra le barre di ferro, poi infine dei tuoi occhi che aspettano il passaggio delle mie dita.