Dentro una cornice ci puoi mettere un paesaggio, una natura morta, un gruppo di famiglia, una storia, una cartolina, una chiesa e una piazza.
In questa foto ci ho messo una vecchia modernità, un passaggio tra la stazione Messina Centrale e la stazione di Messina Marittima.
Dentro la foto manca tutto quello che non c’è più: viaggiatori, navi e treni. Manca tutto quello che passa e il passaggio è fermo.
Ci sono monitor, loghi e pittogrammi, orari, direzioni e mendicanti perduti. E’ uno strano passaggio quello che rimane solitario, come un casellante senza emigrante e come una banchina senza valigie.
Resta un ambito tra chi è andato è chi è tornato, un giardino segreto di un giardiniere che costantemente lavora senza pubblico. L’architettura qui è persino una vita senza pubblico e senza necessità, reale e surreale per timing al fermo immagine e cambi senza treni, collegamenti vocali, navi svuotate e visioni sfocate.
In tante di queste storie dello spazio costruito italiano si racconta il tempo stonato delle cose, le cose incongrue e l’inerzia del futuro sempre differito sul presente.
Passo lento quello della città e del suo viaggio , passo lento quello incapace di seguire le nuove strade. Il passaggio che da sempre ha rappresentato le novità e anche la possibilità può essere un inganno, a Messina quel passaggio portava dall’isola alla penisola, adesso è un monitor fermo abbandonato agli arrivi e alle partenze di 10 anni fa. Persino i mendicanti e gli sbandati della stazione si sentono abbandonati dalla folla anonima inghiottita nel pancione delle navi, nessuna folla calda e sporca, nessun pacco di cartone, solo fischi e voci alto parlate, passi e macchine elettriche di guardie senza ladri