il magnete e la bomba (Dialogo sul costruire)

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“Costruire una linea provvisoria tra due mari è un esercizio di decisione, ti dico! “

“Mah, mi semba che è una decisione labile quella che pone un dentro e un fuori proprio lì! Disse lui, “è una specie di contraddizione stabile nello spazio aperto.“

Cercai le parole. – “Mi spiego: un muro di legno fatto così ,orizzonta i passi, inventa righe su cui poggiare l’aria vorticosa , le aspre montagne, e i riccioli  variabili delle onde, è come un piano inciso dagli occhi che guardano da entrambe le parti della staccionata.”

“Ma perché costruisci? Cosa ti manca?” disse lui quasi preoccupato dalla mia malattia di costruire.

“Non mi manca niente, ho tutto davanti, ma poi quel tutto è troppo e quindi cerco di riordinarlo su una pagina,” mentre dicevo quelle cose era come ragionare a voce alta, “Costruendo quel muro ho davanti  come una specie di pagina a righe, astratta come una linea analitica del ragionamento.Fuori dalla pagina è rimasta tutta la meraviglia delle nature inconciliabili, dei venti violenti e dei movimenti delle correnti.”

“Ma è tutto già pieno, non credi che togliere sia meglio di mettere?” mi disse preoccupato;

Guardandomi con cortesia mi disse quasi per convincermi :“Dai , togli qualcosa e vediamo che succede.”

“Guarda che togliere è il mio pane, ho tolto tutta quell’aria che circolava, l’ho sistemata appena un po’, e devo dirti che mi sembra già più in ordine. Che ne so, ho come fatto una riga sulla sabbia.” Mentre spiegavo pensavo, ma cercavo le parole, volevo essere il più chiaro possibile :

“E’ come la riga fatta ai capelli quando sei bambino prima di uscire e prepararsi ad un incontro con persone serie, la riga ti riordina un po’;”

Forse  mi avrà segnato quella scriminatura dei capelli netta e immancabile che mi faceva mio padre prima di uscire, ci pensavo quasi sentendo il passaggio chiaro sul cranio con il pettine d’osso in aspersione d’acqua miracolosa, passavano i denti stretti dividendo le ciocche lunghe e portandole  a sinistra , mentre a destra restava il corto, ma era un ordine provvisorio come questo muro temporaneo sulla sabbia, dopo arrivava la vita e portava lo scompiglio. 

“Tu parli di righe, ma a me piacciono i ghirigori imprecisi della natura, quelli che non puoi fermare con le mani e che nessuno riesce a costruire, qualcuno ci ha provato, li ha messi sulle case ma alla fine case erano, li ha messi su trochi di pietra ma alla fine erano solo colonne, li ha ripetuti in tralci contorti sotto i balconi ma non erano lievi come i rami.” Ripeteva una frase, con un tono serio quasi per convincermi. “È tutto già fatto, non ti offendere ma le righe non mi piacciono e neanche mi servono.”

“Hai ragione ma anche nessuna ragione: una calligrafia dello spazio vive pure senza le pagine a righe, si dispone a piacimento, si sovrappone senza ordine e ne ha una sua ragione. Una pagina come questa è solo un campo in cui far fermare degli occhi e trovare qualche misura. Lì dietro passano le storie e i corpi ,  puoi anche vederli, solamente che non sono storie dichiarate, ci sono tanti sottointesi e anche qualche equivoco, poi arrivano anche i venti  lì dietro su entrambe le facce, da nord  si ammassa il maestrale, mentre da sudest si stocca lo scirocco.Sul muro inciso dalle righe, i venti vivono a lamine e si mescolano a strati.”

“Si va bene, tu spieghi e sai cosa dire,  ma a me piace essere libero, non mi piace essere amministrato da un muro e da una protezione , io voglio rimanere immerso in quel che c’è, mi piace spostarmi e non mettere fondamenta.”

“L’immersione è un’esperienza multisensoriale, vive di equilibrio e si appoggia a dei limiti, si intrufola in canali e poi trova improvvisi slanci in luoghi rarefatti, la densità fa faticare e i passi sono più piccoli, ma poi per sempio ti trovi nel bel mezzo di un posto ampio e… sai ,tu dici che vuoi essere libero di spostarti dove vuoi, ma nei posti  molto aperti succedono cose strane, le persone si  riavvicinano per non perdersi, si densificano intorno alle ombre, si appoggiano alle superfici, si chiedono e ti chiedono dove stare.”Cercavo di spiegare l’esigenza delle costruzioni, quasi la richiesta  naturale all’edificazione, ma sapevo che non lo convincevo e continuavo: “La paura del vuoto la puoi vedere nei grandi spazi urbani, nei campi distesi delle pianure, nei grandi spazi contenitori senza folla. Anche qui dove siamo adesso, puoi non aver nulla e stare bene ma puoi anche trovarci delle cose e meravigliarti che non hanno tolto nulla alla bellezza. Lo so costruire sembra necessario ma a volte è anche davvero superfluo, lo vuoi e ti respinge.” Lo dicevo e fra me pensavo : è così da sempre! e  da sempre ci saranno stati dialoghi faticosi come questo.

Lui perentorio : “Ma nella bella natura, costruire mi respinge sempre, di questo  sono sicuro!”

“ Nella natura accadono tante cose , nessuna natura è immobile, persino quella pietrosa e secca subisce variazioni minime visibili solo a chi vuole vederle, sono modificazioni per dilavamenti delle piogge, per i venti  e  per gli eventi tellurici per esempio.”

Prendevo fiato mentre l’aria passava dalle righe del muro di legno: aria fresca da nord e calda da sud, cercavo, parlandone e dialogando con lui una superiore giustificazione all’atto originario del costruire.

“Sai  a volte, la bella natura, come la chiami tu, si appoggia anche alle costruzioni, se riescono nel loro compito e se sanno cosa fare, quelle costruzioni sono un dispositivo potente, una doppia arma in mano alla natura e in mano agli uomini,  sono magneti e bombe esplosive , attirano vita, parole, corpi e sguardi, e  tutti gli strati di natura presenti in quei luoghi,  poi d’improvviso dopo avere accumulato l’energia diventano bombe facendo esplodere i  desideri, si spargono intorno e ritrovano la natura.”